Nel medesimo punto fu tratta alla casa del bigamo sposo la Siracusana sopra magnifica quadriga.
Dato luogo al pubblico gioire per quel doppio maritaggio, convocò Dionigi l’assemblea del popolo. Disse: il tempo esser giunto di trar vendetta di Cartagine, mentre la peste mietea il fiore della gioventù affricana. La proposizione non potea essere più gradita, sì per lo rancore che ognuno avea contro i Cartaginesi, sì perchè i Siracusani speravano, che, avuto le armi, potea loro, quando che fosse, venir fatto di ristabilire il governo republicano. A voce unanime fu vinta la guerra. E tale era l’odio universale contro i Cartaginesi, che, sciolta appena l’assemblea, il popolo, forse istigato da Dionigi, si diede a saccheggiare le case e predare le barche di tutti i Cartaginesi, che per ragion di commercio erano in Siracusa. Le persone stesse furono imprigionate ed in ogni modo malmenate. Sull’esempio di Siracusa le altre città fecero lo stesso.
VI. - Entrava, in questo, l’anno 4o dell’Olimpiade 95 (397 a. C.); quando Dionigi spedì un’araldo a Cartagine, per dichiarare: che il popolo siracusano avea decretato di muover guerra a’ Cartaginesi, se tosto non isgombravano tutte le città greche di Sicilia. Grande fu lo sbigottimento di Cartagine. Dovea levarsi un nuovo esercito; che i conquistatori di Selinunte, d’Imera e d’Agrigento erano tutti periti dalla peste. I più distinti senatori furono spediti in varie parti d’Europa a far leva di gente.
Dionigi intanto, con ottantamila fanti e tremila cavalli, si diresse a Mozia, ricchissima e popolosa città, di sito e d’arte munitissima, che era come la sede del dominio cartaginese.
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