Fatto poi notte, un Archilo da Turio, con una scelta schiera de’ più audaci, appoggiando le scale da una casa mezzo demolita, vi salì, e venne ad occupare un posto vantaggioso, per cui il resto dell’esercito entrò in città. V’accorsero i Moziesi; ma i loro ultimi sforzi furono vani. La città fu presa. I Siracusani, inaspriti dalla lunga resistenza, memori delle crudeltà usate dai Cartaginesi verso i Siciliani, fecero man bassa su i cittadini, che sarebbero stati tutti spenti, se Dionigi, il quale più alla vendetta mirava al pro, non potendo in altra guisa frenare l’impeto del soldato, non avesse bandito di risparmiare coloro che riparavano ne’ tempî. Così la gran parte dei Moziesi ebbero salva la vita; e da Dionigi furono venduti, tranne pochi Greci che per Cartagine aveano combattuto, capo dei quali era un Daimene, il quale una co’ compagni fu fatto morire in croce.
Immenso fu poi il bottino, tratto da’ soldati in quella opulentissima città; ed oltracciò Dionigi largamente li premiò. Archilo che il primo era salito sulle mura, ebbe cento mine (34); e tutti gli altri uffiziali e soldati all’avvenente delle rispettive azioni. Smantellate più del tutto le mura e le fortificazioni di Mozia, vi lasciò un presidio di Sicoli, comandato dal siracusano Bitone; ed egli, sul finire dell’estate dell’anno 1o della 96 Olimpiade (396 a. C.), ritornò coll’esercito in Siracusa. Leptine suo fratello restò in que’ mari con centoventi galee, per opporsi ad un nuovo sbarco de’ Cartaginesi.
VII. - Ma già Cartagine avea raccolte genti da per tutto, e pronte erano a passare in Sicilia.
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