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      Erano, secondo Timeo, centomila fanti (Eforo dice trecentomila), tremila cavalli, quattrocento carri da guerra, altrettante galee e cinquecento navi onerarie. Imilcone, destinato comandante della spedizione, tenne alto silenzio sul luogo dello sbarco. E perchè Dionigi non potesse averne lingua, consegnò a tutti i comandanti delle navi un foglio chiuso e sugellato, con ordine di aprirlo in alto mare. Lettolo, vi trovarono la disposizione di fare rotta a Panormo. Mentre in quella direzione con prospero vento navigarono, Leptine che con trenta galee era in que’ mari, corse ad attaccare le prime navi. Cinquanta ne colò a fondo; sopra le quali erano cinquecento soldati e dugento carri; sopraggiunto il resto dell’armata, temendo d’esser tolto in mezzo, si ritirò.
      Giunto Imilcone in Panormo, dato appena riposo all’esercitò tirò verso Mozia. Cammin facendo, ebbe per tradimento Erice; e i Sicoli, ch’erano di presidio a Mozia, inabili a difendersi in una città di cui erano state spianate le fortificazioni; a lui la resero. Era in questo Dionigi ritornato all’assedio d’Egesta. Voleano i suoi correre incontro ai Cartaginesi ed isfidarli a campal battaglia. Ma Dionigi conoscea, che a Siracusa eran dirette tutte le mire del nemico; però lasciò accagionarsi di poco cuore e in Siracusa tornò. Prima di partire consigliò le città sicole ad abbandonare le terre loro, promettendone delle migliori, ed unirsi a lui. Molti, e gli Aliciani in particolare, temendo, non egli irritato del loro rifiuto, avesse dato il sacco ai campi loro, mostrarono d’aderire; ma, dilungatosi appena, vennero a collegarsi ai Cartaginesi.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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