Dionigi, conosciuta la mossa del nemico, venne coll’esercito a Catana; e destinò Leptine ad attaccare colle sue navi l’armata cartaginese, raccomandandogli di non disordinarsi mai nell’attacco, e combattere sempre con tutte le sue navi. Ma quello, come fu a fronte del nemico, dimentico delle insinuazioni del fratello, staccò trenta delle sue galee e le spinse contro il centro della linea nemica. Combatterono esse con gran valore; ma ripiegatesi le due ale dell’armata nemica, furono accerchiate; intantochè, dopo aver perduta gran gente, a mal’istento poterono salvarsi. Le altre accorsero in loro ajuto; ma, non combattendosi più in linea, furono di leggieri distrutte. Assai gente perì per l’ostinato conflitto; ed assai buttatisi in mare, per non avere altro scampo, v’erano uccisi a man salva. Segnalata fu la vittoria de’ Cartaginesi. Perderono i Siciliani in quella giornata cento de’ loro legni e ventimila uomini. Voleano i soldati di terra correre incontro all’esercito cartagincse, che marciava per la giogaja dell’Etna, soprapprenderlo in quelle bricche, ove non potevano i nemici avvantaggiarsi del numero e ricattarsi della perdita dell’armata. Ma Dionigi, tenendo presente il funesto caso di Messena, temendo che mentr’egli era lontano da Siracusa, l’armata vittoriosa non corresse ad assalirla, tornò colà di volo e spedì Polisseno suo congiunto a chiedere soccorso ai Greci d’Italia, a Sparta ed a Corinto; e gente con danaro, per assoldare le milizie, mandò in tutto il Peloponneso.
| |
Catana Leptine Cartaginesi Siciliani Etna Dionigi Messena Siracusa Polisseno Greci Italia Sparta Corinto Peloponneso
|