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      Così mentre i Cartaginesi s’affaticavano a difendersi in mare ed in terra, perivano a migliaja ed in terra ed in mare. La notte pose fine a tanta strage. Dionigi si fermò presso il tempio di Giove e ’l campo nemico.
      I forti espugnati, l’armata quasi del tutto perduta, l’esercito più che dimezzato dalla morìa e dalle spade siracusane, Imilcone era ad un pelo di restar preso coll’avanzo delle sue genti. Il funesto caso de’ comandanti ateniesi era presente alla sua memoria. Per cansare tal pericolo, mandò la notte stessa ad offerire trecento talenti a Dionigi, per avere libero il ritorno in Affrica coll’esercito. Il tiranno, che mirava sempre a trarre il maggior pro, che potea, dalle sue imprese col minore suo rischio, rispose che nè i Siracusani, nè gli alleati avrebbero mai consentito a lasciarli partire di queto; ma se a lui si fosse pagato quel danaro, avrebbe fatto modo che i soli Cartaginesi di soppiatto fuggissero. Fu forza accettare il partito. Fu consegnato entro la rocca il danaro. Dionigi si ritrasse coll’esercito in città. Imilcone co’ Cartaginesi, saliti sopra quaranta galee, solo avanzo dell’armata, abbandonato il campo e le bagaglie, nottetempo fuggirono. Avvistosene i Corinti, corsero a darne avviso a Dionigi. Se ne mostrò sorpreso. Finse dare ordine di armar le galee, per correr sopra ai fuggitivi; intanto menava in lungo le cose, per dar loro campo di scostarsi. I Corintî, impazienti, partirono soli; ma i Cartaginesi tanto si erano dilungati, che appena poterono raggiugnere le ultime galee, ed affondarne alcune.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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