Di tutto l’esercito, venuto all’assedio di Siracusa, centocinquantamila n’eran periti, per le malattie e per la guerra; le schiere che restavano abbandonate da’ Cartaginesi, si sbandarono. Ai Sicoli venne fatto di ritrarsi alle case loro. Gli altri, soprappresi da’ Siracusani, furono tutti tratti in ischiavitù. Solo un corpo di Iberi, ristrettisi in uno, ottennero, minacciando resistenza, di passare al servizio di Dionigi.
Immense furono le spoglie trovate nel campo. Fu ritolta con usura la perdita sofferta nella battaglia di Catana. Imilcone, giunto in Cartagine, non potendo patire il rossore di tanta disfatta, si lasciò morire d’inedia.
CAPITOLO VII.
I. Dionigi ripopola Messena; edifica Tindari; assedia Tauromenio; disfà i Cartaginesi; muove contro Reggio. - II. Lega delle città italiane. - III. Nuova spedizione de’ Cartaginesi; pace. - IV. Imprese di Dionigi in Italia; assedia Reggio; l’espugna. - V. Altra spedizione dei Cartaginesi; vittoria; disfatta. - VI. Morte di Dionigi; suo governo; suo carattere.
I. - Cessata la guerra, i soldati mercenarî, gente per lo più rigattata, divennero più insolenti del solito; perocchè l’andar creditori degli stipendî, che durante la guerra non erano loro stati puntualmente pagati, dava loro ragione o pretesto di insolentire. Diecimila di costoro capitanati dallo spartano Aristotile, chiedeano gli stipendî, e minacciando li chiedeano. Dionigi, per attutire la loro arroganza, ne imprigionò il capitano. Le minaccie divennero più aperte. Era per nascere alcun grave sconcerto.
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