Devastando il contado, risparmiava i poderi di costoro; un soldato fu da lui fatto entrare in Messena, cui consegnò un talento d’oro, con ordine di ripartirlo fra que’ tali. Soprappreso il soldato, o fattosi egli stesso sopraprendere, svelò l’incarico avuto. Il popolo tumultuando cominciò a chiedere la punizione dei traditori; nel subuglio Dionigi entrò senza resistenza in città e se ne fece padrone.
Magone intanto, già ammiraglio ed ora pretore di Cartagine, che in Sicilia allora era, tentò di rimettere le cose de’ Cartaginesi. Raccogliendo gli sparsi avanzi dell’esercito disfatto, stringendo lega co’ Sicoli, mostrandosi umano e carezzevole coi Greci nemici del tiranno, venne a raggranellare un piccolo esercito; col quale, l’anno 4 dell’Olimpiade 96 (393 a. C.), accostatosi prima a Messena, ne devastò le campagne, e, carico di preda, venne a fermarsi presso Abacena, città che era dalla sua. Qui sopraggiunto Dionigi col suo esercito, si venne alle mani. Il Cartaginese, perduto in quel conflitto ottocento dei suoi, si ritrasse in Abacena.
Dionigi tornò allora in Siracusa. Non guari dopo ne venne fuori con cento galee, cariche di soldati; e corse ad assalire Reggio. Giuntovi, mise foco alle porte ed appoggiò le scale alle mura. I pochi cittadini, che all’impensato assalto si trovavano in armi, accorsero per ispegnere il foco. Elori da Siracusa, che il comando avea della terra, visto che, per lo scarso numero dei difensori, mentre questi s’affaticavano per ispegnere l’incendio, il nemico potea penetrare altronde in città, consigliò ai Reggini di accrescer più presto le fiamme.
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