E quelli, raccolti legne e sermenti per tutto, vi appiccaron foco. La fiamma tanto alto si levò, che gli assalitori ebbero a farsi indietro. Ciò diede tempo agli altri cittadini di accorrere; onde Dionigi fu forzato a ritrarsi. La notizia sopraggiuntagli di una nuova spedizione, che si preparava in Cartagine, l’obbligò a conchiudere coi Reggini la sosta d’un anno, e fare ritorno in Sicilia.
II. - Intanto le città greche della bassa Italia, che allora Magna Grecia avea nome, conosciuto che le spesse incursioni di Dionigi, più che contro Reggio, eran dirette contro la libertà di tutte; si strinsero in lega comune contro lo ambizioso tiranno di Siracusa e contro i Lucani che per lui parteggiavano. Ma le armi cartaginesi, già venuti in Sicilia, diedero per allora pace all’Italia.
III. - Cartagine, comechè spesso abbattuta, non depose mai l’ambizione di sottomettere tutta la Sicilia. E così copiose erano le sorgenti di sua dovizia, che, tosto dopo la sconfitta, era in istato di raccattar gente di qua e di là (chè i soldati suoi erano in massima parte mercenarî), e tornare più animosa al cimento. Nell’anno 1o della Olimpiade 97 (392 a. C.), Magone, meno esperto e più disgraziato capitano d’Imilcone, fu preposto al comando dell’esercito spedito in Sicilia, che si vuole di ottantamila combattenti.
Posto piede a terra, si diresse costui ad Agira, sperando trarre quei cittadini alla sua. Reggea la terra un Agiri, d’armi e di dovizie potente innanzi ad ogni altro siciliano tiranno, da Dionigi in fuori.
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