Quindicimila di quegli sciaurati furono mandati in catena a Siracusa; degli altri, ebbero libertà coloro che si ricattarono al prezzo d’una mina; quelli, che non aveano da pagare tal danaro furono venduti alla tromba.
Ciò fu un nonnulla appo le crudeltà, con cui fu trattato il comandante Pitone. Fattone prima buttare in mare il figliuolo, lo fece legare ad una alta macchina e condurre per la città, ferocemente battendolo cogli scudisci. Pure, non che avvilirsi, ivasi Pitone recando a gloria il soffrire tanto per non aver tradito la patria. Dettogli che il figliuolo era stato, il giorno avanti, annegato, rispose: Sarà felice un giorno più di me. I soldati stessi del tiranno sentiron pietà di quell’infelice; altamente ne mormoravano; tanto che Dionigi, temendo uno sconcerto, pose fine alla tragedia con mettere a morte lo sventurato una con tutti i suoi. Vuolsi che costui sia stato, un tempo, tanto amico e familiare del tiranno, che gli confidava quanto avea in animo di fare contro Reggio. Egli, per non tradire la patria, allontanatosi dall’amicizia di lui, era venuto ad avvertire i suoi concittadini con isvelar loro i secreti pensieri di quello.
Debellati i Cartaginesi, rese come a lui soggette le città della Magna Grecia, appagata la sua vendetta contro i Reggini, si rivolse Dionigi a più lontane imprese. Strinse lega cogl’Illirici; fondò colonie nell’isole del mare Adriatico, acciò le navi siracusane trovassero, da per tutto, amico ricovero. Al tempo stesso abbelliva e rendea più magnifica Siracusa, fabbricandovi darsene, tempî, ginnasî.
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