Dionigi malavvedutamente vi aderì. I Cartaginesi impiegarono il tempo della tregua a raccorre nuova gente. Ebbe il comando dell’esercito il figliuolo del morto Magone; il quale, tutto giovane che era, seppe far buon uso del tempo, per disciplinar meglio i suoi soldati. Spirata la tregua, lungi di aderire alle dure condizioni proposte, si ripigliò la guerra. Toccò allora a Dionigi a pagare lo sconto. In una battaglia ebbe uccisi quattordicimila soldati, fra’ quali il pro’ Leptine, suo fratello.
Ottenuta la vittoria, i Cartaginesi si ritrassero in Panormo; e quindi proposero eglino stessi la pace. Dionigi ebbe ad aderire alle condizioni di restare sotto il dominio di Cartagine, oltre alle città che prima vi avea, Selinunte, e tutto quel tratto del territorio agrigentino, che stendeasi al di là del fiume Alico, detto oggi di Delia; e di pagare a Cartagine mille talenti per le spese della guerra.
Bastò quattordici anni la pace; durante la quale due volte mandò Dionigi soccorsi fino in Grecia agli Spartani suoi alleati. L’anno 3o dell’Olimpiade 101 (374 a C.) era Sparta in guerra contro Atene. Questa era alleata del re di Persia; quella del tiranno di Siracusa. Nove galee furono da questo spedite in Grecia. Incontrate dall’armata ateniese, vi restarono prese; ed Atene trasse sessanta talenti dalla vendita di esse e di tutti coloro, che sopra vi erano.
L’anno 4o poi dell’Olimpiade 102 (369 a. C.), quando Sparta, perduta la battaglia di Leuttre, era stretta dal valoroso Epaminonda, Dionigi vi mandò duemila mercenarî galli ed iberi, anticipando loro gli stipendî di cinque mesi.
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