Un’anima servile non avrebbe potuto avere alcun che di simile a Tucidide. Dione era grande amico di Platone, publicamente professava filosofia; ed in quell’età filosofo e di libero pensare, era tutt’uno. In tale stato era costui appresso il tiranno, di cui altronde era cognato, per esser fratello dell’Aristomaca, che lo indusse a chiamare a se Platone, che allora era venuto in Sicilia, per osservare da presso l’Etna; sulla speranza che il filosofo avesse indotto il cognato a deporre la tirannide. Platone venne. Fu ben accolto da prima. Ma gli austeri modi suoi stizzirono il tiranno. Caduto una volta discorso sulla tirannide, diceva Platone, essere incompatibili tirannide e virtù. Parlare da insano, disse adirato Dionigi; Parlar da tiranno, rispose con piglio severo il filosofo, che allora fu rimandato. Si narra aver Dionigi dato ordine al padrone della barca, che dovea condurre Platone in Atene, di metterlo a morte; ch’egli, in vece di ciò, lo abbandonò nell’isola d’Egina, ove fu preso e venduto; ricattato poi dagli amici, tornò in Atene. Ma il non esser concordi gli storici intorno a ciò, può far mettere in dubbio tal fatto.
Che che ne fosse stato, non è da dubitare che Dione continuò ad essere amico del cognato; come non è da negare, che Dionigi seppe concepire e recare ad effetto grandissime imprese; che il nome siciliano divenne per lui formidabile per tutto, che rese Siracusa magnifica, erigendovi gran numero di sontuosissimi ed utilissimi edifizî. E se in molte occasioni si mostrò crudele, vendicativo, simulato ed empio; in molte altre fu nobile, generoso, magnanimo, sagace e prode.
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