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      Filisto ed i suoi intanto tutto mettevano in opera, per far cadere in discredito la contraria fazione, e denigrare tutto ciò che si facea o si proponeva di fare. Non per desiderio di pubblica libertà, da per tutto dicevan costoro, voler Dione che Dionigi rinunziasse la tirannide, ma per ottenerla per sè, e trasmetterla poi ai figli della sorella; con tale intendimento consigliare di licenziare gran parte dell’esercito e disarmar le galee, col pretesto di scaricare il popolo. Lamentavano poi il destino di Siracusa, che era stata sempre invincibile da’ numerosissimi eserciti, ed ora sottomessa era da un sofista, che volea indurre il tiranno a rinunziare al potere ed alle dovizie, che sono un bene solido e reale, per tener dietro a vane chimere. Queste maligne insinuazioni cominciarono ad imprimersi nell’animo di Dionigi, il quale bergolo era anzi che no.
      Dione in que’ dì, forse con animo di procurare una pace vantaggiosa con Cartagine, avea scritto a que’ magistrati, che qualora la repubblica volesse pacificarsi, a lui, e non ad altri, si dirigessero. La lettera, come che ciò fosse avvenuto, fu intercettata e recata a Dionigi, il quale la mostrò a Filisto; nè questi tardò a cogliere quel destro di disfarsi di Dione. I disegni di costui, diceva egli al tiranno, sono oramai manifesti: vi consiglia a diminuire le vostre forze, per non potere difendervi; col mettervi sempre avanti vane fanfaluche, vuole indurvi a deporre il potere; ed intanto s’accorda co’ nemici, perchè questi gli dessero mano; l’autorità vostra, anzi la vostra vita è in pericolo, finchè la mala peste dimora in Siracusa.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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