Finalmente una guerra sopraggiunta tolse a Platone quel fastidio. Ebbe libertà di partire; ma si volle prima la promessa di ritornare, fatta la pace. E Dionigi dal canto suo promise di richiamare allora Dione.
Costui intanto viaggiava per tutte le città della Grecia; frequentava le scuole de’ più illustri filosofi; accattava la benevolenza di tutti i grandi uomini; ed era per ogni dove accolto con istraordinarie onorificenze, tanto che i rigidi Spartani lo chiarirono loro cittadino. Giunta la fama di ciò a Siracusa, Dionigi, tra per l’invidia, e il timore che Dione potesse trovare la Grecia alcun appoggio per ritornare con armata mano in Sicilia, ne fu maggiormente sdegnato. E, per togliergli i mezzi di nuocergli, non permise più che a lui si mandassero le rendite delle vaste possessioni, che fece amministrare a persone da lui poste sopra ciò. Per far vedere poi che, per lo allontanamento di Platone, non avea messa da parte la filosofia, chiamava alla sua corte filosofi ed uomini dotti da tutte le parti. Il più gradito fra questi era Aristippo da Cirene, filosofo arguto e satirico, ma condiscendente a tutte le dissolutezze del tiranno, a segno che non si arrossiva di qualunque viltà, purchè avesse il favore di lui, e potesse soddisfare la sua ghiottoneria. Fu visto una volta prostrarsi a piedi di Dionigi. Rimproverato di ciò, rispose: Non vedete che costui ha le orecchie ne’ piedi? A lui fu data la sopraintendenza della cucina: i cuochi da lui riceveano gli ordini.
Ma non tutti i filosofi, ch’erano alla corte di Dionigi, erano di tal fatta: molti anzi ve n’erano veramente sapienti.
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