Il filosofo non lasciava nè aggirarsi nè sedursi; e sempre tornava con più fermezza alla dimanda. Il tiranno, che non pativa contraddizione, trovate vane le vie del cavillo e della dolcezza, ebbe ricorso al rigore. Assegnò stanza al filosofo nella cittadella fra’ mercenarî, che l’odiavano, dai quali ricevea continue villanie. Forse vi sarebbe il buon vecchio giunto a mal termine, se, inteso di ciò Archita, non avesse tosto spedito in Siracusa due de’ suoi; i quali, in nome di tutta la setta, vollero da Dionigi l’adempimento della promessa di lasciare libero il ritorno a Platone. Tanto prevalevano costoro nella pubblica opinione, che il tiranno non potè negarsi, e ’l filosofo si fu partito.
Da quel momento l’odio di Dionigi verso Dione non ebbe più misura. Ne fece vendere alla tromba tutti i beni e ne appropriò il prezzo. Per aggiungere al danno anche lo scorno, obbligò Arete di lui sorella e moglie di quello, che sola restava de’ figli del vecchio Dionigi, da lui fatti morire, a far divorzio; e la forzò a maritarsi ad un Timocrate, suo familiare.
IV. - Non restava allora a Dione altro mezzo di vendicare i torti della patria e i suoi, che la guerra; ed a questa s’accinse. Riunì nell’isola di Zacinto da ottocento guerrieri e molti filosofi. Ignoravano i primi il loro destino. Come seppero ch’era la spedizione diretta contro il tiranno di Siracusa, nicchiarono. Dione facea loro cuore con dire, che Dionigi avea gran fama, non gran forza; perchè a lui mancava, ciò che dà la vera forza agl’imperi, l’amore dei sudditi, i quali anzi anelavano il loro arrivo, come segnale della rivolta.
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