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      Accorsero i soldati di Dione; ma i Siracusani gl’impacciavano col fuggire a traverso di essi, e gli assordavano colle loro grida; però non potevano nè udire, nè eseguire gli ordini de’ capitani. Dione, non potendo comandare colla voce, comandò coll’esempio, cacciandosi nel più folto de’ nemici; e tuttochè uomo fatto già fosse, mostrò la gagliardia di un giovane. Conosciutolo, i nemici per offenderlo, i suoi per difenderlo, intorno a lui si affollavano; ed egli incorava gli uni, facea macello degli altri. Traforato in più parti lo scudo, ferito in una mano, pur continuava a combattere. Le armi nemiche, che si spuntavano sulla sua corazza, lo percotevano senza forarla. Finalmente per una forte pinta andò giù. I suoi soldati lo sottrassero dalla mischia. Un Timonide restò a comandare per lui. Pur, comechè stanco e ferito egli fosse, salito a cavallo, si diede a correre per la città, rianimando il popolo per tornare a combattere; e, venuto ad Acradina, ne trasse una schiera dei suoi, che v’era rimasta di presidio, e seco la condusse al combattimento.
      Aveano sperato i soldati del tiranno, che facendo con tanta foga una improvvisa irruzione, si sarebbero di leggieri fatti padroni della città; ma, trovatovi tanta resistenza, perduto molti dei loro, già cominciavano a rinculare, quando sopraggiunse Dione con que’ soldati freschi ed animosi. Allora a tutte gambe, e con più grave perdita, corsero a rinserrarsi nella rocca. Dei soldati di Dione, settantaquattro perirono, ma di que’ del tiranno, da milletrecento.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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