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      I Siracusani furono tanto lieti della vittoria, che regalarono cento mine per uno ai soldati di Dione: e questi presentarono al loro capitano una corona d’oro (41).
      Fallito quel colpo, tentò Dionigi un’altra frode. Un araldo venne fuori dalla rocca, portando tre lettere a Dione, una delle quali avea nella soprascritta Al padre. Volle Dione che tali lettere innanzi tutto il popolo fossero lette. Le prime due erano della moglie e della sorella, che a lui si raccomandavano. Voleano i Siracusani, credendo scritta dal figliuolo la terza lettera, che Dione la leggesse da sè. Nol consentì, e la fece leggere ad alta voce. Si trovò che, invece del figliuolo, gli scrivea lo stesso Dionigi. Gli rammentava in prima essersi egli un tempo adoprato a sostenere la tirannide; lo minacciava poi d’incrudelire contro la sorella, la moglie e il figliuolo, che nella rocca erano, se non desisteva; alle minaccie tramettea gravi scongiuri e dolorose querele; lo esortava in fine a non abolire, ma assumere per sè la tirannide, per non esporre gli amici, i parenti e sè stesso all’odio de’ Siracusani.
      V. - Una lettera tale produsse l’effetto, che il tiranno si era proposto, quello cioè di rendere Dione sospetto al popolo, che cominciò a temere, ch’egli non cedesse ai due potentissimi sentimenti l’ambizione e l’amore de’ suoi. In tal pericoloso momento giunse Eraclide in Siracusa. Era costui valente capitano, ed in più incontri s’era distinto nel servizio del tiranno. Ma al suo valore non rispondevano le altre virtù; stemperato nell’ambizione, versatile ne’ proponimenti, imprudente nella condotta, infido nell’amicizia.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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