Conosciuto allora Dione, che affatto invincibile era la malvagità di costui, più non si oppose a coloro, che volevano metterlo a morte; ed essi l’uccisero.
La morte del capo, come sempre è accaduto, rese più numerosa e più audace la fazione. Non guari andò che Dione soggiacque allo stesso destino. L’ateniese Callippo, amico e consorto di lui, per ottenere in quelle perturbazioni il governo di Siracusa, e compro, come si disse, per venti talenti dagli amici d’Eraclide, s’accinse a vendicarne la morte. Per compiere a man salva il reo disegno, veniva opponendo a Dione la mira d’usurpare la tirannide, per tramandarla ad Apollocrate figliuolo di Dionigi e suo nipote, essendo non guari prima morto Ipparino suo figliuolo. Con sicurezza poteva quel perfido spargere tali voci; perchè diceva a Dione che ciò faceva per indagare gli animi altrui; ed egli, attesa l’amicizia, sel credea. Pure la sorella e la moglie vennero in gran sospetto di costui; ed egli, per meglio deluderle, giurò la sua innocenza nel tempio delle Tesmofori, ossia Cerere e Proserpina; giuramento che allora si teneva terribile. Intanto avea tratti nella congiura i soldati di Zacinto. Una mano di questi vestiti di sola tunica, senz’armi entrarono in casa di Dione: gli altri congiurati chiusero l’uscio di strada e forte lo tenevano. I primi a lui s’avventarono, e lunga pezza faticarono per istrangolarlo; ma come ciò non veniva loro fatto, cercavano un ferro per ispacciarlo. Un Licone siracusano porse dalla finestra un pugnale, con cui lo scannarono.
| |
Dione Dione Callippo Siracusa Eraclide Dione Apollocrate Dionigi Ipparino Dione Tesmofori Cerere Proserpina Zacinto Dione Licone
|