Solo in Adrano piccola città, che ebbe nome da un Dio, venerato da tutti i Siciliani in un antichissimo tempio lì presso, si levò una fazione in suo favore. Vi accorse egli per sostenerla con milledugento soldati. V’accorse Iceta con cinquemila per opprimerla. Quando Iceta colla sua gente vi giunse, sul cadere del giorno, Timoleonte n’era discosto meno di trenta stadî. Saputo il loro arrivo, senza permettere a’ suoi di sostare, corse loro sopra. Stanchi del viaggio, dati ad alzar le tende e preparar la cena, i soldati d’Iceta non ressero all’improvviso attacco. Si volsero in fuga con tanta celerità, che soli trecento ne furono uccisi e ’l doppio presi. Tutto il campo venne in mano di Timoleonte.
La vittoria spense le fazioni degli Adraniti, i quali concordemente aprirono le porte della città al vincitore. Maraviglie essi narrarono. Le porte del tempio di per loro stesse s’erano spalancate, e il Dio fu visto vibrar la lancia e grondar di sudore, durante la mischia. Fole erano queste nate dalla esaltata immaginazione della gente; ma la gente ebbe grande ragione di credere che i numi vegliassero sempre a difendere e prosperare le imprese di Timoleonte.
Divulgata quella vittoria, non tempellarono più i Siciliani. Tutte le città libere a lui si diedero; Tindari e le altre, in cui erano tiranni, cercarono il suo ajuto per iscuoterne il giogo. Spaventatone Iceta fece di farlo uccidere a tradimento. Due sicarî da lui spediti vennero in Adrano. Timoleonte preparava un sacrifizio per rendere grazie al nume del prospero successo.
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