Euclide e Telemaco da Corinto con quattrocento soldati entrarono nella cittadella l’anno 1o dell’Olimpiade 109 (344 a. C.), cinquanta giorni dopo l’arrivo di Timoleonte in Sicilia. Vi trovarono, oltre i tesori e i nobili arredi del tiranno, settantamila armature; arsenali pieni di saettame, di macchine e d’attrezzi di guerra; duemila fanti e molti cavalli, che vennero al servizio di Timoleonte. Dionigi venne al campo del vincitore. Con pochi danari fu mandato a Corinto, ove menò nelle bettole, fra baldracche, paltonieri ed istrioni il resto de’ giorni suoi.
I Cartaginesi vennero allora con tutte le forze loro in soccorso d’Iceta. Centocinquanta legni da guerra entrarono nel gran porto e posero a terra sessantamila soldati, che alloggiarono in Acradina. Sorprendente spettacolo offriva allora Siracusa. Tica ed Ortigia erano in potere di Timoleonte e de’ Siciliani; Iceta teneva Neapoli e l’Epipoli; i Cartaginesi Acradina. Tanto vaste e munite, ognuna per se, erano le diverse parti, dalle quali quella gran città era composta, che in esse poteano stare eserciti nemici così numerosi. La sola Acradina, al dire di Plutarco, pareva formata dalla riunione di più città.
Padroni i Cartaginesi ed Iceta di Acradina, di Neapoli e del porto, per le molte navi che vi aveano, si studiavano di affamare i Corintî che erano nella rocca, ma non veniva loro fatto; chè da Catana andavano e venivano sempre piccole barche cariche di viveri, le quali piaggiando, e avvantaggiandosi dei marosi, giungevano alla cittadella, e vi portavano la vettovaglia a spilluzzico, senza che i Cartaginesi potessero impedirlo.
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