Mentre costoro teneano dietro a tali baje, que’ Corintî, accostatisi a Reggio, trovarono il mare sgombro di navi nemiche e tranquillo sì che passarono Sicilia sopra barchette da navichieri, traendosi dietro per le briglie i cavalli. Timoleonte colà s’era recato con buon nervo di gente. Unitovi quel rinforzo, assalì Messena che pe’ Cartaginesi allora si teneva; l’espugnò; e con tutta la gente a Siracusa si diresse.
Erano presso Siracusa certi stagni formati dalle acque dell’Anapo che rimpozzavano, nei quali erano anguille in gran copia. I soldati di Timoleonte e que’ d’Iceta, comechè combattessero ferocemente tra loro, quando erano in azione, ne’ giorni di sosta usavano familiarmente; e molti dell’una e dell’altra parte a questi stagni venivano per pescare anguille. Pescando un giorno, e cianciando un da Corinto con un Siciliano dell’altra parte, parlavano della magnificenza della città, della bellezza del porto, dell’amenità de’ campi: «Come mai» diceva il primo all’altro «voi, che pur siete di sangue greco, avete potuto unirvi a questi barbari, naturali nemici dei Greci? Non dovreste voi desiderare che non una, ma più Sicilie si frapponessero fra essi e voi? Perchè impegnarvi a far divenire barbara questa bella città, e deserti questi campi, con darli in mano a questi feroci Affricani? Pensa forse il vostro capitano che costoro sin dalle colonne di Ercole e dal mare Atlantico sian qui venuti, solo per accrescere il dominio di lui? Non trarreste maggior prò e gloria maggiore unendovi a noi per cacciar i barbari, e render libera e felice la Sicilia?
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