E però si recassero a Corinto, ove avrebbero navi e condottieri per lo viaggio. Di tali esuli, e d’altri d’altre città di Grecia, diecimila ne furono mandati. Molti anche vi vennero dall’Italia e da altre città di Sicilia; e per tal modo sessantamila nuovi cittadini allora si stabilirono in Siracusa. A coloro furono dati i terreni; ma le case si volle che le comprassero, lasciando agli antichi cittadini, che ritornavano, il dritto d’essere preferiti nella compra. Da tale vendita trasse Timoleonte mille talenti, che servirono ai bisogni della repubblica. Altro danaro, senza gravare il popolo, ebbe dalla vendita delle statue dei tiranni. Timoleonte volle che ciò si fosse fatto, dietro un solenne giudizio. Si usò fin la formalità di richiedere d’una in una quelle statue per comparire innanzi i giudici. Si esaminarono le azioni di coloro, cui que’ simulacri rappresentavano, e, posto il partito, il popolo decise quali erano degni d’esserne conservata l’effigie e la memoria. Sublime pensiero fu questo. Il popolo veniva così ad acquistare un’alta idea della sua dignità e de’ suoi diritti; lo spirito pubblico si esaltava. Ed a tale esaltazione, che Timoleonte sapea bene addirizzare, sono ad ascriversi le grandi vittorie da lui riportate con pochissima gente, che il volgo attribuiva a cagioni soprannaturali. Al tempo stesso, non atterrando tumultuariamente quelle statue, veniva a stabilirsi nel fatto, come principio della nuova repubblica, il non infligere gastighi, pure a coloro che sono tenuti pubblici nemici, se non previo un legale giudizio; senza di che, quale che fosse la forma del governo, la libertà è vôto nome.
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