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      Seppe Timoleonte cogliere il momento, in cui, passando le schiere d’una in una, potea egli combattere con quella quantità di nemici che volea, senza che il resto dell’esercito, separato dal fiume, potesse subito accorrere. Scese al piano; dispose le genti sue in fila; mise nei lati i Siciliani delle città confederate, frammisti ad alcuni stranieri, e tenne con se nel centro i più prodi fra i Siracusani ed i mercenarî. Ordinò alla cavalleria comandata da Demarato di attaccar di fronte i Cartaginesi, appena guadato il fiume, prima che si fossero ordinati. Volle che i fanti si tenessero stretti, unendo scudo a scudo, e in tale atto aspettassero il comando per dare addosso ai nemici, tostochè la cavalleria li avesse in alcun modo disordinati. Le quadrighe che coprivano la fronte de’ Cartaginesi, impedivano ai cavalieri di giungere ad essi; però per non esserne sgominati, venivano aggirandosi e caracollando, per cogliere qualche momento di venire con più vantaggio all’attacco.
      Non istette più ad aspettare Timoleonte. Comandava a Demarato di caricare dall’un dei lati i nemici, ed a’ suoi di assalirli dall’altro. Levò lo scudo; si mosse egli il primo, mettendo tal voce, che fu da tutti creduto che un qualche nume avesse gridato per lui. I Cartaginesi coperti il corpo di usberghi di ferro, la testa di celate di rame, e difesi da grandi e pesanti scudi, respinsero il primo urto delle lance. Ma come si venne alle spade, in cui la maestria e l’agilità spesso prevalgono alla difesa delle armi, la mischia divenne calda e sanguinosa.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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