Con tali mezzi venne caro a’ soldati e alla plebeEra in que’ dì in Siracusa Acestoride da Corinto, il quale, giusta il decreto fatto a tempi di Timoleonte, avea il supremo comando delle armi. Costui, che la vedea da lontano, conobbe ove tendevano le mire di Agatocle. Non avendo altro argomento di smaltirlo, datogli un finto ordine di recarsi in un sito fuori la città, commise ad alcuni soldati, di assalirlo sulla via, e metterlo a morte. Non vi cadde l’astuto. Insospettito della trama, mandò per quella via uno schiavo della sua statura, cui diede il suo cavallo e le armi sue, e quel misero cadde sotto i colpi degli assassini.
Egli poi scantonò e rifuggì a Morganzio. Vi fu accolto da que’ cittadini, nemici de’ Siracusani. Fu fatto prima pretore, poi comandante dell’esercito, alla testa del quale s’insignorì di Leonzio, e poi venne ad assediare Siracusa.
Intimoriti i Siracusani, richiamarono gli ottimati, e cercarono l’ajuto de’ Cartaginesi. Amilcare, che li comandava, cui Agatocle avea pregato di interporsi per la pace, venne a capo d’indurre i cittadini a riceverlo, dopo d’aver solennemente giurato nel tempio di Cerere di nulla intraprendere contro il governo popolare. Intanto si mostrò religioso osservatore del giuramento e caldo sostenitore della libertà, che quell’incauto popolo, ivi a non molto, gli conferì il supremo comando dell’esercito, col titolo di custode e conservatore della pace, finchè fossero composte le interne dissensioni.
II. - Era allora l’autorità civile riposta in un consiglio di secento senatori, scelti fra’ cittadini più distinti per virtù, per natali, per dovizie.
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