Non solo gli aprirono volontariamente le porte le città e le castella di minor nome; ma Camarina, Leonzio, Catana, Tauromenio, Messena, Abacena ed altre molte a lui si unirono. Agatocle intanto era corso a grandi giornate a Siracusa, ne avea fatto restaurare le fortificazioni; biade avea raccolte in gran quantità dai vicini campi, ed ogni appresto avea fatto per sostener l’assedio. Amilcare in questo con numeroso e fioritissimo esercito veniva avvicinandosi.
V. - Tutti tennero allora Agatocle perduto. Non era città in Sicilia che sua nemica non si fosse dichiarata; in Siracusa non pochi forvoglia lo difendevano; un esercito era per venirgli addosso; chiuso era il mare da un’armata vittoriosa. Pure allora fu che quest’uomo straordinario concepì e recò a fine l’arditissimo pensiere, imitato in appresso dai Romani, di portare la guerra in Affrica. Ardua era l’impresa. Straordinarî sforzi erano necessarî. Mezzi straordinarî e violentissimi usò, per fare gli appresti, ch’erano del caso, e purgare la città da tutti coloro ch’erano a lui malaffetti. Chiamati a parlamento i cittadini, disse che venissero sicuri, per avere egli già divisato il modo di fare che i Cartaginesi quindi fra pochi giorni partissero; purchè avessero eglino pazienza di tollerare quei pochi giorni d’assedio. Che se alcuni fossero in città, ai quali ciò incresceva, poteano costoro liberamente andare ovunque fosse loro piaciuto. Millesecento de’ Siracusani vollero giovarsi di tale permesso, e tolte le cose loro più pregevoli, andarono via.
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