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      Era l’anno 4o dell’Olimpiade 117 (309 a. C.) quando Amilcare giunse a Siracusa. Vennero colà a trovarlo i messi di Cartagine per ordinargli di rimandare parte dell’esercito in Affrica, ov’era imminente il pericolo. Portarono costoro gli sproni delle galee, che Agatocle aveva incese. Amilcare da una mano mandò cinquemila soldati a Cartagine, dall’altra tentò un colpo per rifarsi delle perdite, che la repubblica aveva sofferto in Affrica. Mandò messi a Siracusa, per dire che l’esercito di Agatocle era stato disfatto, la sua armata incesa (ed in prova se ne mostravano gli avanzi); però proponeva ai Siracusani di rendere la città di queto. Agatocle aveva lasciato il fratello Antandro a governare per lui. Nulla in Siracusa si sapeva ancora dell’esito della spedizione del tiranno. Fu dato credito alla notizia. Grandi clamori si destavano in città. Antandro sospettò la frode. Rispose non volere rendersi; mandò via della città i messi cartaginesi, e con essi ottomila cittadini, che per la loro attenenza con quelli che erano iti in Affrica, poteano essere cagione di tumulti in città, i quali vennero tutti a ricoverarsi nel campo cartaginese.
      Fallito quel tranello, pensò Amilcare d’assalire la città nel cuor della notte. Il suo esercito, malgrado il soccorso mandato a Cartagine, oltrepassava i centoventimila combattenti; tanto s’era accresciuto pe’ Siciliani che a lui s’erano uniti. Mentre quei soldati si difilavano per angusti e difficili sentieri sotto l’Eurialo, i primi, non si sa perchè, cominciarono a contendere tra loro; da ciò nacque un più gran tafferuglio.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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