Nè il re potea stargli a fronte per esser le sue forze a gran pezza inferiori; e perchè distolto dai disastri sopravvenuti all’esercito d’Affrica dopo la sua partenza.
Cartagine avea fatto finalmente uno straordinario sforzo. Mise in campo tre eserciti, per attaccare in tre diverse direzioni il paese conquistato da’ Siracusani. Fu forza ad Arcagato tripartire il suo poco numeroso esercito, il quale divenuto così debole da per tutto, fu da per tutto sconfitto; a segno che in una fazione, di ottomila fanti ed ottocento cavalli, comandati da Eumaco, solo trenta pedoni e quaranta cavalieri sopravvissero. Arcagato coll’avanzo delle sue forze si era ritirato in Tunisi, ove Imilcare ed Aderbale co’ loro eserciti da due parti lo stringevano.
Re Agatocle, avuto tali notizie, volea correre in soccorso del figliuolo; ma nol potea, per essere il porto di Siracusa guardato dall’armata cartaginese. Una notte diciotto galee etrusche, alleate dei siracusani, per la poca vigilanza dei cartaginesi entrarono in porto. Il re s’accordò col comandante di quelle navi d’attaccare colle loro forze unite il nemico. Venne egli fuori con diciassette galee. I Cartaginesi si diedero ad inseguirlo; gli Etruschi inseguivano i Cartaginesi. Il re allora, voltate le prore, attaccò la battaglia. Le navi affricane, tolte così in mezzo, furono di leggieri fugate. Cinque vennero in mano del re, e l’ammiraglio nemico, temendo non la sua galea fosse presa, si diede la morte; ma poi la sua galea si salvò.
Sgombro così il mare, il commercio si riaprì, l’abbondanza tornò in Siracusa.
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