Molti dei soldati di Dinocrate accettarono il partito e si ritrassero. Un corpo di Siracusani venne ad afforzarsi su d’una collina, e pel desiderio di ritornare in patria, pattuirono col re, dal quale ebbero promessa libertà. Come lasciarono il forte, Agatocle li fece disarmare ed uccidere; Timeo dice essere stati costoro settemila. Dinocrate conchiuse un particolare accordo. Svelò al re tutti i suoi consorti; ed a tal patto infame divenne l’amico di lui e n’ebbe il comando dell’esercito. Per la costui opera riacquistò Agatocle nell’anno 1o dell’Olimpiade 119 (304 a. C.) le città alienate, e fra queste fu Tauromenio, onde cacciò Timeo, che nel governo di essa era succeduto al padre. Era costui coltissimo ingegno. Scrisse la storia de’ suoi tempi, nella quale, nemico com’era d’Agatocle, non potendo minorarne la gloria, ne accresce i delitti.
Fornite tali imprese; spogliati i tempî di Vulcano e d’Eolo in Lipari; dato il sacco nell’anno 1o della 120 Olimpiade (300 a. C.) ad Itaca e Corcira; liberata quest’ultima isola dalle armi di Cassandro re di Macedonia, di cui incese l’armata; presa e saccheggiata Crotone; disfatti in battaglia i Bruzî, si preparava Agatocle ad una nuova guerra con Cartagine, quando la morte pose fino al crudele e glorioso viver suo.
Arcagato figlio del suo figlio di tal nome, giovane di gran cuore, nulla meno ambizioso dell’avolo; comandava un corpo d’armati sotto Etna, quando il re già grave d’anni, convocata l’assemblea del popolo, dichiarò e fece riconoscere suo successore nel regno il figliuolo, che anche Agatocle avea nome, cui mandò poi al campo, ordinato al nipote di cedere a lui, come suo successore, il comando.
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