Indispettito Arcagato, uccise a tradimento il giovine Agatocle e commise la morte del vecchio a Menone ragazzo egestano, ch’era zanzero e confidente di lui. Ghermì costui quel destro di vendicare la sua patria. Chiestogli dopo cena il re lo stuzzicadenti, glielo porse intinto nel veleno. Tosto crudelissimi dolori l’assalirono. In breve ora il mento si fece gangrena, e fu opera di pietà degli amici il buttarlo ancor vivo sul rogo, che presto lo consumò. Così finì di vivere nell’anno 4o della 122 Olimpiade (289 a. C.), che era il 72 dell’età sua, Agatocle, di cui, per quanto si voglian credere grandi i delitti, anche più grandi furono le imprese.
CAPITOLO XI.
I. Stato di Siracusa dopo la morte d’Agatocle. I Campani occupano Messena e si dicono Mamertini. Fondazione di Finziade. - II. Pirro viene in Sicilia: sue imprese; ne parte. - III. Gerone II: sua condotta. - IV. Campal battaglia co’ Mamertini: è dichiarato re. I Mamertini chiamano i Romani.
I. - Morto re Agatocle, il popolo ne abbattè le statue, ne vendè alla tromba i beni, e fece di tornare alla democrazia. Ma i tempi nol consentivano. Molti agognavano alla tirannide; Menone era innanzi ad ogni altro. Rifuggito presso Arcagato, lo uccise; e indusse i soldati a seguirlo. S’avvicinava a Siracusa; ma non avendo nè dipendenze tali da indurre la città a riconoscerlo di queto, nè forze da sottometterla, chiamò in soccorso i Cartaginesi. Iceta gli venne contro co’ soldati ch’erano in città. Menone, per non essere ancora giunto l’esercito cartaginese, schivò la battaglia.
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