Fatto allontanare i difensori con una tempesta di dardi, avvicinò le scale. Egli il primo vi salì. Prodigi di valore vi fece; a migliaja cadevano intorno a lui i nemici. I suoi soldati con pari impeto lo seguirono. La città fu espugnata. il voto fu adempito, con sacrificare molte vittime e celebrare solenni giuochi ad Ercole.
Quindi venne a Jato (57) che, malgrado la fortezza del sito, prima di essere assalita si rese. Resisterono i Panormitani; ma ogni resistenza fu superata. La città fu presa, e fu preso il forte che era sul prossimo monte Ercta (58). Restava ai Cartaginesi solo Lilibeo (59), città da essi fabbricata sopra un vastissimo porto, poco di lungi da Mozia, dopochè il vecchio Dionigi avea distrutta questa città; e l’avevano quanto si può munita. Alle antiche bastite avevano era, pel timore di Pirro, aggiunto dalla parte di terra molte torri, ed un largo fosso; ed un esercito vi mandarono con ogni apparato di macchine e d’armi.
Munita così la città, mandarono i Cartaginesi ambasciatori a Pirro chiedendo pace ed offerendogli anche danaro. Re Pirro, esaminata la proposizione co’ suoi capitani e gli ambasciatori delle città siciliane, rispose, che avrebbe da lui pace Cartagine solo a patto di sgombrar del tutto la Sicilia e rinunziare all’impero del mare. Data questa risposta, s’avvicinò a Lilibeo. Vi trovò tal numero di difensori e di macchine che le mura non li capivano; e quindi faceano un continuo scagliare di ciottoli e dardi d’ogni misura, per cui gli assalitori o ne perivano, o ne restavano storpiati; intantochè l’esercito di giorno in giorno diminuiva senza avanzare d’un passo.
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