Invano si scavava sotto le muraglie per farle cadere; i difensori mettevan sempre fuori nuove difese. Però dopo due mesi d’assedio, perduta ogni speranza di espugnare la città, re Pirro levò il campo e fece ritorno in Siracusa.
La mala riuscita dell’impresa cominciò a farlo cadere dall’opinione de’ popoli. In tal momento volle imitare l’esempio del suocero con portare le armi in Affrica. Avea gran numero di navi, ma non galeotti. Ne volle a forza delle città. Ciò produsse un generale disgusto, che ad ora ad ora s’accresceva per gli avventati e sgradevoli modi suoi; e si convertì in odio generale, quando fece morire Tenione, da cui era stato chiamato ed avea avuta consegnata la città, apponendogli tradimenti. Lo stesso ne sarebbe accaduto a Sostrato, se, più avveduto di quello, non si fosse prima allontanato. I Siciliani, che sotto lui militavano, lo abbandonarono. Le città già sottomesse tornarono volontariamente sotto il dominio cartaginese. Molte chiamarono in ajuto i Mamertini. Restato colle sole piccole forze, colle quali era venuto, in mezzo a tanti nemici, fu per costui gran ventura l’esser chiamato in loro soccorso da’ Tarantini. Lasciò la Sicilia colla stessa rapidità con cui l’avea avuta. Avea destinato questo regno ad Eleno suo figliuolo, avuto dalla Lanassa, ed il regno di Italia all’altro figliuolo Alessandro.
Mentre la Sicilia, impoverita dalle concussioni d’Agatocle, sconvolta da tante guerre, lasciata senza governo dal fuggitivo Pirro, avea a guardarsi dai Cartaginesi, sempre minaccevoli, ed a difendersi dalle continue corriere dei Mamertini, un uomo si vide sorgere, destinato da’ cieli a segnalare l’ultimo glorioso periodo dell’antica storia.
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