Giuntovi, divise in due schiere l’esercito; fece l’una di tutti que’ mercenarî, che spinse la prima contro il nemico; ritenne l’altra di Siracusani sotto di se, come per soccorrere i primi. Coloro, prodi com’erano, sostennero senza voltar faccia la puntaglia. Gerone, che tutt’altro avea in animo che la vittoria, ritrattosi, lasciò che quei soldati vi restassero alla fine uccisi, prigioni o dispersi.
Disfattosi di quella gente, con somma industria si diede a levare altri soldati, che sottopose alla più severa disciplina. Con tanta attività si condusse, che l’anno appresso venne fuori coll’esercito contro i Mamertini. Credeano costoro essere sua intenzione correr dritto a Messena; però s’afforzarono in Tauromenio per contrastargliene il passo. Gerone traversando a stanca le giogaje dell’Etna, lasciatosi indietro il nemico, repente apparve a Mile, che assediò. Forte era la città; millecinquecento de’ Mamertini, vi erano di presidio. Nè la fortezza di quella, nè il valore di questi poterono resistere all’assalto; la città fu presa, quei soldati restarono prigioni. Di là venne sottomettendo altro paese sino ad Amesalo, città posta tra Centuripe ed Agira (60). L’espugnò, la distrusse; ricevè nel suo esercito i soldati che v’erano di presidio, e ne divise il territorio alle due contermini città. Con pari celerità cacciò i Mamertini da Alesa, Abacena e Tindari. Ciò fatto venne a fermarsi al fiume Longano (61), ove gli fu incontro l’esercito Mamertino.
IV. - Avea sotto di se Gerone diecimila fanti e millecinquecento cavalli.
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