L’armata romana distrutta dalla tempesta. Caduta di Panormo. - V. Battaglia di Panormo. - VI. Assedio di Lilibeo. Fine della prima guerra punica. - VII. Condotta di Re Gerone. Economia pubblica. - VIII. Agricoltura. - IX. Commercio: popolazione. - X. Scienze, lettere ed arti del regno siracusano. - XI. Morte di re Gerone.
I. - Roma, nata per la guerra, e grande solo per la guerra, avea già l’un dopo l’altro sottomessi i popoli della bassa Italia. L’invito dei Mamertini le offrì un bel destro di metter piede con gran vantaggio in Sicilia. Venne fatto al console Appio Claudio d’ingannare il comandante dell’armata cartaginese, che guardava lo stretto, e ridursi in Messena, che stretta era, da un lato dall’esercito cartaginese, dall’altro dal siracusano. Tratto fuori le sue schiere, venne prima incontro a’ Siracusani, e dopo lungo e sanguinoso conflitto, questi ebbero a cedere e ritirarsi nel campo loro. Re Gerone fece senno dalla disfatta. Conobbe che, venuti in mezzo i Romani, non si trattava più del sottomettere i Mamertini, ma dell’indipendenza di tutta la Sicilia. La notte stessa decampò, e venne a Siracusa per provvedere alla difesa del suo reame.
Il console, saputo la ritirata del Siracusano, venne ad assalire i Cartaginesi, e n’ebbe compiuta vittoria, obbligandoli a ritrarsi nelle vicine castella, Liberata Messena, l’esercito romano, dopo di avere scorrazzato il paese vicino si diresse a Siracusa. Era l’anno 2o dell’Olimpiade 129 (263 a. C.); i nuovi consoli M. Ottacilio e M. Valerio, vennero in Sicilia con quattro nuove legioni di soldati romani, ognuna delle quali era di quattromila fanti, e trecento cavalli.
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