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      Pure tali erano l’attività e ’l genio guerriero di quel popolo, che in meno di un’anno furono in pronto cento quinqueremi e venti triremi.
      Sventurato ne fu il primo cimento. Comandava l’armata romana Cn. Cornelio, uno dei consoli, il quale nell’anno 1o della 130 Olimpiade (260 a. C.) con diciassette galee a Messena, per aspettarvi le altre. Colà giunto, volle senz’altro ajuto correre sopra Lipara. Annibale, che con tutta l’armata cartaginese era in Panormo, mandò a quella via venti delle sue galee, capitanate in sua vece da un Boote, il quale nel cuor della notte soprapprese i legni romani nelle spiagge dell’Isola. I soldati e i galeotti ne furono presi da tale spavento, che saltarono in terra, lasciato solo il console, il quale, una colle galee, fu preso e menato da Boote in Panormo. Ma poco mancò che pari sciagura non fosse accaduta allo stesso Annibale, il quale avuto lingua che il resto dell’armata romana movea verso Sicilia, con più coraggio, che ordine o senno le venne incontro con sole cinquanta galee. Procedevano i legni romani con bella ordinanza, e per essere a gran pezza più numerosi, accerchiarono l’incauto Annibale, che a malo stento potè camparne colla perdita di alcune galee, e ridursi a Mile.
      Malgrado i sommi sforzi de’ Romani per giungere a competerla anche in mare coi Cartaginesi, conoscevano che per essere i legni loro più gravi, ed essi meno pratichi nel governarli, doveano sempre venire con gran disavvantaggio al cimento. Però inventarono uno strumento detto, forse dalla figura, corvo, col quale abbrancavano i legni nemici, e li legavano a forza alla propria nave.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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