Per tal modo perdevano i Cartaginesi il vantaggio di avere legni più spediti, e d’essere più esperti nel dirigerne i movimenti, Ed all’incontro si avvantaggiavano i Romani della miglior disciplina e della più grave armatura. E ben sene vide l’effetto.
Le navi romane dopo la battaglia si erano ridotte e Messena. Saputo ivi la mala avventura del console Cn. Cornelio, era stato chiamato di presso l’altro console C. Duio, che allora comandava l’esercito, per venire al comando dell’armata. Come costui giunse, provvedute le sue navi di corvi, uscì dal porto, per cacciare da Mile l’armata nemica. I Cartaginesi tanto poco conto facevano dell’armata romana, che le vennero incontro senza ordine. Trenta galee furono le prime ad entrare in azione e tutte furono aggrappate, vinte, prese. Era fra queste la capitana a sette ordini di remi, sulle quali era lo stesso Annibale, che a gran pena si salvò sul paliscalmo. Gli altri legni vollero fare miglior prova, attaccando le navi romane di fianco, o alla poppa: ma non facevano frutto; talmentechè tutta l’armata cartaginese, sopraffatta dalla novità di quelle arme, ebbe a fuggire, perduto in tutto ottanta galee e quattordicimila uomini. Ottenuta quella grande vittoria, il console, sceso a terra, ripigliò il comando dell’esercito; e, distolti i Cartaginesi dall’assedio di Egesta, espugnata Macella (65), fece ritorno in Roma. Dopo la sua partenza nacque un contrasto tra le schiere romane e quelle degli ausiliarî siciliani, i quali separatisi dall’esercito, vennero ad accamparsi tra Parapo (66) e Terme-imerese.
| |
Cartaginesi Romani Messena Duio Mile Cartaginesi Annibale Cartaginesi Egesta Macella Roma Parapo Terme-imerese
|