Gerone seppe trovar modo di mettere al coperto di ogni violenza lo agricoltore, d’ogni frode il suo erario. Un magistrato era in ogni comune, che registrava il numero degli agricoltori, ognuno dei quali era tenuto, sotto pena severissima, a dichiarare la quantità di frumento od altro che seminava. Tali dichiarazioni, che poi i Romani chiamarono professiones sationum, si scrivevano anche ne’ registri, cui Cicerone dà il nome di literae publicae, che si mandavano ogni anno a Siracusa. Per tal modo il re avea sempre presenti i dati principali della statistica agraria, e conosceva le annuali vicende dell’agricoltura.
Finite le sementi, si vendevano all’incanto in Siracusa le decime d’ogni territorio. E con somma equità ciò si faceva in una stagione, in cui, per essere incerta la produzione, l’oblatore non poteva offerire un prezzo eccedente, di cui poi doveva rifarsi a spese dell’agricoltore. Vendute così le decime, il governo aveva assicurata la sua rendita, alla quale il solo compratore dovea rispondere. A costui si davano allora i registri di quel comune, di cui avea comprate le decime, e recatosi egli nel luogo, pattuiva di uno in uno cogli agricoltori della quantità di frumento, che ognuno di loro dovea contribuire. Se non potevano essere di accordo, il magistrato ch’era sopra ciò, tenendo presente la quantità di frumento od altro che ogni agricoltore avea seminata, fissava la quota del tributo. E però la contribuzione aveva un che di volontario, e in ogni caso l’agricoltore era sicuro di non pagare più del debito.
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