Suscitata la guerra tra Roma e Filippo di Macedonia, il senato, per sovvenire alle spese, mandò pregando Gerone a contentarsi che tutto il denaro, ch’era già mandato in Sicilia, per pagarsi a lui in prezzo di frumento venduto pe’ tempi, fosse rimandato a Taranto per le spese di quella guerra. Gerone, non che il consentì, ma diede a Roma altri dugentomila moggi di frumento e centomila d’orzo. Insomma quando Roma avea mestieri di frumento trovava aperti sempre e sempre pieni i magazzini di Siracusa.
Nè solo a Roma fu quel re tanto largo. Cartagine venuta strema di viveri e di denaro, per le perturbazioni mosse dai soldati mercenarî ritratti dalla Sicilia, n’ebbe da lui quanto le ne occorreva. Scossa Rodi da un terremoto, che fece cadere i più nobili edifizî, fra’ quali andò giù il famoso colosso, tutti i principi di quel tempo fecero a gara per dar soccorsi alla desolata città. Re Gerone non fu da sezzo. Vi mandò settantacinque talenti d’argento, per rifabbricare i ginnasi; vaggelli d’argento colle loro basi; vasi di gran pregio; cinquanta catapulte di tre cubiti; due statue vi fece erigere che simboleggiavano Rodi in atto di coronar Siracusa; e, quel che più monta, volle che tutte le barche dei Rodioti che venivano a trarre frumento dal suo regno, fossero esenti di qualunque gravezza.
Certo fiorentissima doveva essere l’agricoltura nel regno siracusano, se Gerone col decimo dei prodotti potea fare in Siracusa opere magnifiche, e profonder tanta copia di frumento ed orzo al di fuori.
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