E se ciò è chiaro dagli effetti, ove se ne indaghino le cagioni, anche più chiaro apparisce. Disse ed ottimamente disse il Montesquieu, che ogni parola emessa dal trono va a rimbombare nella capanna dell’agricoltore. Nella capanna dell’agricoltore siracusano suonavano solo voci di conforto e d’incoraggiamento. Non altro peso egli portava che il dieci per cento de’ suoi prodotti, ed anche in ciò la legge lo guarentiva di qualunque sopruso, ed espressamente vietava che andasse a piatire lungi dalla stanza, per non essere divertito dalle sue faccende. Le ottime leggi e la severa giustizia del re lo mettevano al coverto d’ogni privata violenza. Nulla vincolava la sua industria, nulla il libero esercizio de’ dritti suoi. Vero è che la frugalità di re Gerone, l’esatta amministrazione, la lunga pace e ’l non avere esercito stanziale, concorrevano alla straordinaria opulenza di lui. Ma queste stesse cagioni tornavano in vantaggio dell’agricoltura, con fare accumulare immensi capitali, che diffusi per mille vie, erano il massimo degl’incoraggiamenti all’industria. Ed a tutto ciò s’aggiungeva il presente ammaestramento dello stesso re, che nelle cose agrarie molto avanti sentiva e con somma lode ne scriveva.
IX. - Straordinaria spinta ebbe poi in quell’età l’agricoltura dal commercio. Tante grosse città, e particolarmente la popolosissima Siracusa assai per l’ordinario consumavano dei prodotti di quel regno. A ciò venne ad unirsi la circostanza straordinaria che i Romani ed i Cartaginesi, finchè visse Gerone, tennero dietro a combattere in tutte le altre parti di Sicilia ed a desolarle.
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