Però poco prospera vi poteva essere l’agricoltura; e tutto il mantenimento di que’ grandissimi eserciti e delle numerose armate si traeva da Siracusa. Così, mentre Roma e Cartagine sangue versavano a gorghi per tutto altrove, versavano oro a piene mani nel regno siracusano. Bello è poi il considerare che la generosità stessa di re Gerone tornava a profitto dei sudditi. Se quell’immensa copia di frumento ed orzi, ch’egli donava e vendeva pei tempi, si fosse accumulata ne’ granai di Siracusa, avrebbe stagnato il commercio, invilito i prezzi, scuorato l’industria. E l’esenzione data ai Rodioti era un guadagno che faceva l’agricoltore siciliano.
È facile argomentare quanto in tempi sì prosperi ebbe a crescere la popolazione di Siracusa, altronde assai numerosa. Siracusa, fabbricata da prima nell’isola d’Ortigia, aveva sin dal suo nascere avuto tale incremento, che ne erano venute fuori colonie a popolare Acri, Camarina, Casmena; molti Siracusani s’erano uniti a’ primi coloni d’Imera; e ciò non di manco la città cresceva a segno che, non capendo più nell’isola, fu entro terra edificata Acradina, città così vasta, che poterono una volta starvi sessantamila Cartaginesi, oltre i cittadini. Pure la popolazione riboccò, e fu edificata Tica e poi Neapoli. Oltre a queste le Epipoli, l’Eurialo, il Libdalo, forti non guari discosti fra essi e contigui a Tica e Neapoli, formavano come una quinta città. E finalmente borghi e villaggi erano in gran numero ne’ dintorni. Se il rapido incremento e la grande estensione della città dànno gran ragione di credere numerosissimo il popolo siracusano, un fatto narrato da Diodoro e di sopra accennato, anche più chiaro lo mostra.
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