Fu allora che visse e venne in fama Archimede, il cui nome basta a segnalare un secolo ed una nazione. Archimedi ne nascono sempre e per tutto, e forse più che altrove in Sicilia; ma si mostrano solo quando seggono sul trono i Geroni. E in quella corte stessa furono accolti e careggiati Teocrito, Mosco, Bione ed assai altri.
Per conoscere poi quanto siano state in fiore nel regno di Gerone le arti, compagne inseparabili della civiltà e della ricchezza, senza enumerare i tempî, i ginnasî ed altre opere da lui fatte, basta a farcelo conoscere la nave da lui fatta costruire, per farne dono a Tolomeo re d’Egitto, alla perfezione della quale tutte le arti ebbero a contribuire. Tutto il legname, che sarebbe stato bastevole alla costruzione di sessanta galee, fu tratto dall’Etna; menochè il grand’albero, che trovato a caso sui monti della Brettagna, fu trasportato al lido dall’ingegniere Fileo da Tauromenio. Tutto l’altro materiale fu fatto venire dall’Italia, dalla Spagna, dalla Gallia. Vi faticarono trecento maestri, oltre il gran numero d’operai, sopra i quali stava l’architetto Archia da Corinto. Allestita a mezzo, di tanta mole era, che non si poteva varare. Archimede lo fece per mezzo dell’elica (forse l’argano) inventata allora allora da lui. Era la nave a venti ordini di remi; vi si entrava per tre porte, delle quali la più bassa menava per molte scale alla zavorra. Per l’altra si entrava nelle stanze familiari. L’ultima rispondeva ai quartieri dei soldati. Da ambi i lati dell’ingresso di mezzo, erano trenta camere, in ciascuna delle quali erano quattro letti.
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