Fu loro promesso quanto chiedevano. Sventuratamente s’indugiò a farli partire. Costoro che altrove aveano posto l’animo, si giovarono dell’indugio per aizzare la plebe contro il nuovo governo, dicendo che i pretori, col pretesto di schivar la guerra, volevano dar la città ai Romani. Questi maligni semi allignarono. Il mal talento d’ora in ora cresceva. Andronodoro, istigato dalla Demarata sua donna, volle approfittarsene, per usurpare la tirannide. Una congiura cominciò a tessere per mettere a morte tutti gli altri pretori. I Cartaginesi ausiliarî e gl’Iberi furono sedotti, promettendo loro il sacco delle case e de’ beni di coloro, che doveano morire. Un Temistio, che anche era pretore, ed avea in moglie l’Armonia sorella di Geronimo, era un de’ primi nella cospirazione. Volle farne partecipe un’Aristone, strione tragico, il quale n’ebbe orrore e corse a palesare tutto agli altri pretori. Costoro prevennero il colpo, con mettere alla porta della curia i loro satelliti, i quali, come entrarono Andronodoro e Temistio, li uccisero.
Quel caso di cui s’ignorava la cagione, destò la meraviglia e lo sdegno di tutti. I pretori, per giustificarsi convocarono il senato, v’introdussero Aristone, il quale espose fil filo la congiura, e ne mostrò le prove. Il senato dichiarò giusta la morte data a que’ due. Per sedare il mal’umore del popolo fu convocata l’assemblea de’ cittadini. Il pretore Sopatro, fattosi alla bigoncia, narrò il fatto, e ne die’ colpa alle donne della stirpe di Gerone, e tanto disse contro di esse; che il popolo ne venne in furia.
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