Accorsovi uno stuolo di Romani, l’assalì alla sprovveduta e ne fece strage. Il console ne fece alte querele a Siracusa, e chiese che, per sicurezza della pace, fossero cacciati que’ due fratelli, dichiarati nemici del nome romano. Epicide, non tenendosi allora più sicuro in Siracusa, venne ad unirsi al fratello; ed ambi si diedero a ribellare Leonzio da Siracusa. Il senato siracusano chiese conto ai Leontini della ingiusta aggressione. Questi, messi su da’ due fratelli, burbanzosi risposero, avere anch’essi riacquistata la libertà colla morte di Geronimo; non essere eglino tenuti a stare alle convenzioni fatte dai Siracusani, ed a render loro ragione di ciò che facevano.
Avuta quella risposta, i Siracusani dissero al console di punire a posta sua i Leontini; a patto che la città tornasse sotto il dominio di Siracusa. Marcello si accinse all’impresa. Erano nell’esercito romano que’ soldati, che nella battaglia di Canne aveano presa la fuga. Il senato per punirli li avea mandati in Sicilia. Marcello, sperando che costoro ricattassero il perduto onore con istraordinarie prove, cesse alle loro suppliche, e scrisse al senato per consentire che costoro fossero riammessi nelle legioni. Rispose il senato: Roma non aver mestieri di codardi; potere ciò non pertanto il console valersi a grado suo di que’ soldati; con questo che, per quanto facessero, non potessero mai essere meritati di corona od altra militare ricompensa. Maggiormente messi al punto da tale dura risposta coloro, con tale impeto assalirono Leonzio, che al primo assalto la città fu presa.
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