Ippocrate ed Epicide rifuggirono in Erbesso (81), spargendo da per tutto la voce che i Romani aveano messi a fil di spada tutti i Leontini e dato sacco alla città. Tale voce produsse, com’e’ volevano, nel popolo di Siracusa una querela generale contro i Romani. I Siracusani volevano bensì punita la insolenza de’ Leontini, ma non volevano mistrattata a segno tale una città di loro dominio. E tale fu lo sdegno loro, che un corpo d’ottomila soldati, capitanati da Soside e Dinomene, che andavano per dar mano ai Romani, come furono al fiume Mila (82), saputo quel caso che si diceva, si negarono andar più oltre, e fu forza ai capitani ristarsi in Megara.
Ivi giunti seppero i due comandanti essere falsa quella voce, sparsa ad arte da que’ due furfanti. Però si avvicinarono ad assediare Erbesso, per cacciare da Sicilia quella mala peste. Era lo antiguardo di quel piccolo esercito una schiera di Cretesi, i quali erano stati ausiliari de’ Romani. Presi nella battaglia del Trasimeno, erano stati mandati in Sicilia al soldo di Geronimo, ed avevano militato sotto Ippocrate ed Epicide. Mentre i Siracusani ad Erbesso si appressavano, a quei due fratelli, tenuti fuori con rami d’ulivo in mano, supplichevoli in atto si presentarono a que’ Cretesi, pregandoli a difenderli dai Siracusani, che volevano darli in mano ai Romani, dai quali sarebbero stati cruciati e messi a morte. I Cretesi impietositi si fermarono, e palesamente pigliarono la difesa di costoro. Le sopravvegnenti schiere a mano a mano si arrestavano; il contagio della seduzione dall’una all’altra passava; a segno che i due comandanti ebbero a ritrarsi con quella gente, che loro era rimasta fedele, a Megara.
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