Ma quelle schiere stesse furono sedotte con una lettera, che si finse diretta da’ pretori di Siracusa al console, nella quale approvavano la strage de’ Leontini, e lo animavano a far lo stesso di tutti i soldati stranieri. L’abbottinamento divenne allora generale; i due comandanti, la cui vita era colà mal sicura, fuggirono a Siracusa, e ne fecero chiudere le porte.
Ippocrate ed Epicide, fatti condottieri di quella sediziosa masnada, s’accostarono anch’essi a quella parte di Siracusa, che Esapile dicevasi, per avere sei porte, come la voce stessa suona; e, parte colla seduzione, parte colla forza, vi entrarono; levarono a sommossa la plebe; quindi entrarono in Tica, e poi in Acradina, ove i pretori s’erano ritirati; e messi a morte costoro e quanti erano loro nemici; dato libertà agli schiavi ed ai prigioni, vennero dalla sediziosa marmaglia eletti soli pretori e comandanti della città, ed alla guerra s’accinsero.
Il console Marcello, che forse in suo cuore gioiva d’essere provocato ad un passo, che Roma anche senza provocazione o presto o tardi avrebbe dato, s’accostò con tutte le sue forze a Siracusa. Già il pretore Appio Claudio, saputa la strage degli amici di Roma, avea spedito ambasciatori a Siracusa sopra una quinquereme, che era preceduta da un’altra galea; e questa all’avvicinarsi al lido era stata assalita e presa; onde gli ambasciatori ebbero a fuggire. Lo stesso console, fermatosi coll’esercito presso al tempio di Giove Olimpico, prima di venire alla prova dell’armi, spedì messi a Siracusa.
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