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      Imilcone ed Ippocrate si diressero contro Murganzio, ove erano i fondachi de’ Romani. I Murgantini loro aprirono le porte; il presidio romano fu messo a fil di spada. Molte città seguirono un tal’esempio. Volevano fare lo stesso gli Ennesi; ma loro ne incolse gran male. Vi comandava un Pinario, il quale con estrema vigilanza custodiva la città. I cittadini, non potendo in altra guisa venire a capo de’ loro disegni, chiedevano che a loro fossero affidate la custodia delle mura e le chiavi delle porte. Pinario si negò da prima; ma vistoli ostinati nella richiesta e numerosi, disse che per essere stato a lui dal console ordinato di custodire la città e le chiavi, sarebbe reo di morte, se le cedesse di queto. Solo un decreto dell’adunanza generale del popolo poteva giustificarlo. Per contentarli la convocò pel dimane. Intanto indettossi co’ suoi soldati. Come il popolo fu adunato, ad un segno posto, i soldati furiosamente assalirono gl’inermi cittadini, che non sospettavano il tradimento. Gran numero ne furono uccisi; anche più ne perirono pesti e soffogati nel fuggire in folla.
      Marcello approvò il fatto, ed in premio permise a quei soldati il sacco della città. Sperava egli che tal rigore tenesse a freno le altre. Tutto contrario ne sortì l’effetto. L’eccidio della terra natale di Proserpina rese odioso il nome romano; e molte città ribellarono. Imilcone ed Ippocrate, che ad Enna s’erano accostati, colla speranza d’entrarvi, fallito il colpo, si ritrassero, questo a Murganzio, quello ad Agrigento.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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