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      Tosto che le altre parti della città sì erano rese, Bomilcare; approfittandosi d’un maroso che vietava all’armata romana d’opporsi, era corso in Cartagine con trentacinque navi, per avvertire la repubblica del pericolo di Siracusa, e n’era già di ritorno con cento galee. Ippocrate ed Imilcone erano occorsi con tutte le forze loro, e s’erano accampati presso l’Anapo. Marcello avea lasciato parte del suo esercito fuori la città, dall’altro lato, e ne avea il comando T. Quinzio Crispino, perchè il pretore era ito in Roma a concorrere al consolato; col rimanente stringeva da tre lati Acradina. Sicuro, dopo la presa d’Eurialo, di non potere la città aver viveri per la via di terra, mentre l’armata guardava il mare, sperava il console che finalmente la fame avrebbe astretti i Siracusani alla resa.
      Tale era lo stato dell’assedio, quando i Romani si videro inaspettatamente assaliti in tutti i punti. Ippocrate ed Imilcone attaccarono Crispino; Epicide venuto fuori da Ortigia, corse sopra Marcello; l’armata cartaginese prese terra fra l’uno e l’altro esercito, per non potersi vicendevolmente soccorrere. Pur, comechè sprovveduto fosse stato lo attacco, i Romani lo respinsero: ma non senza perdita. Perdita più grave ebbero ivi a non molto a soffrire e Cartaginesi e Romani per le malattie cagionate, all’avvicinarsi dell’autunno, caldo oltre il solito, dall’aria malsana che movea dalle paludi presso l’Anapo: sciaura, cui andarono sempre in quell’età soggetti gli eserciti, che fermavano il campo in quelle parti.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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