I maggiorenti fra gli Agrigentini furono imprigionati, e, dopo essere stati crudelmente scudisciati, ebbero mozza la testa. Il resto del popolo con quanto gli Agrigentini si aveano, fu venduto alla tromba. Le altre città che aveano parteggiato per Cartagine, quale di tutta forza, quale per tradimento, e quale in fine di queto, tornarono al giogo romano.
CAPITOLO XIV.
I. Governo stabilito da’ Romani. - II. Condizione dette città siciliane. - III. Ordine giudiziario. - IV. Tributi. - V. Pubblica economia. - VI. Stato dell’agricoltura. - VII. Prima guerra servile. - VIII. Seconda guerra servile.
I. - Sin da che i Romani conquistarono quella parte dell’isola, che per Cartagine tenea, ne formarono una provincia, che Lilibetana chiamarono. Una nuova ne fecero del regno di Siracusa, che fu detta Siracusana. Ad ambe fu destinato un pretore per governarle, amministrarvi giustizia in pace, comandarvi le armi in guerra. Erano i pretori accompagnati da legati pretori per assisterli, e portavan seco un gran codazzo di prefetti, secretarî, medici, accensi, auruspici, preconi e littori. Avevano le insegne e le onorificenze stesse de’ pretori di Roma. Se accadeva lasciarli nel governo, dopo spirato il termine della carica, prendevano il titolo di propretori. Quando per istraordinaria cagione, alcuno de’ consoli veniva nella provincia, ad essi cedevano i pretori il comando, e se vi restavano dopo il consolato si chiamavano proconsoli.
Pretori, propretori, consoli, proconsoli non avevano ferma stanza.
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