Le memorie dei tempi fanno pure menzione di questori, di edili, di censori. E finalmente aveva ogni città un patrono, il quale dimorava per lo più in Roma. Era egli destinato a rappresentarla e difenderla. Talvolta veniva il patrocinio affidato ad alcuni de’ più illustri senatori romani. Una tale carica era ereditaria.
III. - Ma la competenza di. tali magistrati era ben ristretta. La cognizione delle cause, che i Romani dicevano di ragion pubblica, ossia criminali, per cui poteva essere inflitta pena capitale, era riservata al solo pretore romano, tranne i casi in cui la legge permetteva di delegarle altrui. Le cause private poi furono da prima commesse o ai questori, o a que’ cavalieri romani che in gran numero erano venuti a cercar ventura in Sicilia. Ma dopo la prima guerra servile, il console Rupilio, per troncare l’abuso, che que’ romani avventurieri facevano di tal facoltà, stanziò che, quando due Siciliani della città stessa piativano tra essi, i giudici siciliani, giusta le patrie leggi, rendessero ragione. Se i contendenti erano siciliani, ma di diversa città; il pretore traesse a sorte i giudici. Se contendevasi tra un cittadino ed una città, la decisione appartenesse al senato di un’altra indifferente città. Se un Romano chiamava in giudizio un Siciliano, un giudice siciliano dovesse decidere; ed un Romano nel caso contrario.
IV. - Tranne le città collegate e le immuni, tutte le altre andavano soggette ai tributi. Erano questi di più maniere. Fu conservata la decima, come si trovava stabilita da Gerone, e restò in pieno vigore la legge geronica sul modo d’esigerla.
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