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      Non è luogo fra’ termini dell’oceano tonto remoto, nè sì nascosto, dove a questi tempi non sia trascorsa la libidine e la iniquità dei nostri uomini. Oggimai il popolo romano non può più sostenere, non la violenza, non le armi, non la guerra; ma il pianto, le lacrime, i lamenti di tutte le nazioni (88).
      In Sicilia la legge geronica, gli stabilimenti di Levino, di Rupilio e di tanti altri, furono voto nome. I tributi si riscuotevano smodatamente ed a capriccio; i furti erano immensi ed. impuniti; il tribunale del pretore, con poche eccezioni, era pubblico mercato d’iniquità; le città, qual che fosse stata la loro condizione, furono tutte smunte ed oppresse del pari; nessuno ebbe più sicurezza, non che di beni, pur della persona; i prodotti della terra non ebbero più libero spaccio; chè, tranne ciò che serviva all’interna consumazione, tutto il resto andava in Roma e di forza; l’agricoltura venne meno.
      VI. - Più d’uno a’ nostri dì nostri ha messo avanti l’opinione, che la produzione di Sicilia nelle antiche età era la stessa di quella d’oggidì; pigliando argomento dal detto di Cicerone, che ne’ campi leontini si seminava un medimno di frumento per ogni jugero di terra, e se ne avea otto e talvolta anche dieci (89). Costoro si ingannano primieramente nel pigliare la rendita de’ campi Leontini per misura della produzione totale dell’isola; ovechè i campi leontini per essere straordinariamente feraci e di facile coltivazione meno delle altre parti di Sicilia dovean sentire gli effetti della mancanza de’ capitali, cagione primaria della decadenza dell’agricoltura; senzachè erano quei campi allora posti ne’ dintorni della capitale, ove l’industria è sempre più animata che altrove.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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