Nerva mandò contro di essi M. Titinio con iscelta banda, alla quale unì secento soldati tratti dal presidio d’Enna. Nello incontro riportarono costoro una fiera rotta; molti ne furono tagliati a pezzi, e gli altri, poste giù le armi, fuggirono. Avuto tal vantaggio, quella masnada resa più numerosa, meglio armata e più ardita, scelse a re un Salvio suonator di piffero. Costui divise la sua gente in tre schiere, ad ognuna delle quali prepose un capitano. Le spedì in diverse direzioni, per raccorre prede, armi e compagni con ordine di riunirsi in un sito da lui assegnato.
Gran quantità di bestiame e particolarmente di cavalli acquistarono; ed accorrendo d’ora in ora altri profughi, il nuovo re ebbe presto uno esercito di ventimila fanti e duemila cavalli ben provveduti ed armati. Con tali forze prese consiglio d’espugnare Murganzio. Fermò il campo alle radici del monte, sulla cui vetta la città era posta, e, lasciatovi pochi de’ suoi a guardia delle bagaglie e della preda, venne a stringere la città. Il pretore v’accorse, venne sopra gli alloggiamenti, e fattosene padrone, si avviò per attaccare gli assalitori alle spalle. Non sì tosto costoro s’avvidero dell’esercito romano, che ordinato saliva l’erta, lasciato la città, corsero ad assalirlo con tale impeto e con tal vantaggio di sito, che i Romani non tennero la puntaglia. Salvio avea dato ordine ai suoi di lasciar la vita a chi lasciava le armi. Ciò fece che, malgrado la totale disfatta, solo secento dei Romani furono uccisi; quattromila ne furono presi; degli altri s’ebbero le armi.
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