Io, io fui il solo, che per l’amicizia ed ospitalità avuta con Mario, feci ogni possa, perchè i Termitani gli dessero ricovero e soccorso. Punisci pur me, non molestare gl’innocenti miei concittadini. Tanta generosità colpì l’animo non meno generoso di Pompeo, il quale, non che punisse lui o altri, divenne indi in poi il suo congiunto amico.
II. - Non meno lodevole di quella di Pompeo, fu la condotta di M. Tullio Cicerone, venuto questore della provincia Lilibetana, l’anno 1o dell’Olimpiade 176 (76 a. C.). Roma era allora travagliata da carestia. Dovea il questore trovar frumento in Sicilia. Da prima coloro, che ne avevano, temendo le solite violenze, a malo stento ne davano. Sgannati poi dalla giustizia di lui, n’ebbe da tutti in tale quantità, che Roma ne abbondò. Compita la questoria, visitò le principali città di Sicilia. Venuto a Siracusa, vi scoprì presso alle mura, sepolto fra roghi, il sepolcro del grande Archimede, di cui i Siracusani ignoravano il sito. Era esso contraddistinto da una sfera ed un cilindro soprappostivi, e da alcuni versi iscrittivi. Tanto la Sicilia era decaduta in due secoli, che in quella città, già sede d’ogni sapere, pur non si curavano le reliquie di un tanto uomo, e i dintorni stessi di Siracusa erano venuti rovai. Ma il più grande beneficio, che trasse la Sicilia da Cicerone, fu lo avere egli accettato e con istraordinario impegno sostenuto l’incarico datogli da’ Siciliani di accusare C. Verre, che non guari dopo fu pretore in Sicilia.
III. - Era stato costui questore in Asia, legato in Cilicia, pretore urbano in Roma; e da per tutto nell’esercizio di tali cariche avea dato moltiplici prove di sfrontata rapacità e di perverso costume.
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